Comunicato Centro di Coordinamento Triestina Club:
" Ecco perchè siamo contro Pontrelli"
"Meritiamo di meglio. Il modo di operare del presidente Pontrelli non ci appartiene"
Poiché il presidente Pontrelli nel comunicato pubblicato su "Il Piccolo", in data 29 agosto 2015, sostiene che alla base della rottura tra il tifo organizzato alabardato e la sua società ci siano delle motivazioni personali del Presidente del CCTC Sergio Marassi, è bene ricordare all'unico proprietario delle quote sociali dell'Unione Triestina 2012, nella speranza di fare chiarezza, episodi e circostanze che hanno portato a questa insanabile frattura, perché la memoria non ci inganna e perché le dichiarazioni di Pontrelli insultano l'intelligenza di un'intera tifoseria e di chi la rappresenta.
Il distacco dall'Unione Triestina 2012 è il risultato di un vero e proprio calvario di dirigenze scellerate che hanno umiliato la passione dei triestini per il calcio e che hanno condotto all'attuale gestione. Il CCTC, unico possessore dello storico marchio della fallita U.S. Triestina Spa, ha stabilito, dopo la nefasta gestione Mehmeti - Mbock (a cui era stato tolto il simbolo alabardato al termine della s.s. 2013-14), di concedere in comodato d'uso gratuito il marchio alla successiva proprietà (rappresentata dalla coppia Pontrelli-Di Piero) previa sottoscrizione di un accordo scritto contenente alcune linee guida di interesse dei tifosi per una sana e oculata gestione del club. Nessuno nega che il presidente Pontrelli possa aver salvato la società da un possibile fallimento pagando la quota d'iscrizione al campionato di Serie D per la s.s. 2014-15 ancor prima di diventare proprietario a tutti gli effetti del club, ma l'acquisizione della principale squadra di calcio di Trieste è stata certamente una sua decisione autonoma, senza ingerenze o spinte di alcuno. Onori e oneri annessi!
Premettiamo che, alla luce delle sempre più incalzanti azioni legali intraprese da creditori vari contro l'Unione Triestina 2012, il risanamento economico che il presidente continua a sbandierare e il cui processo avrebbe durata biennale è tutto da verificare. Non serve richiamare alla memoria grossolane e inesatte cifre riguardanti il debito creato dalle gestioni precedenti, di cui peraltro lo stesso Pontrelli doveva già essere a conoscenza prima di diventare presidente, essendo nella corte di Mehmeti-Mbock come consulente di mercato. Appare però quantomeno enigmatico quale tragitto stia effettuando questo piano di rientro dei debiti ereditati, in quanto nella stagione sportiva 2014-15 ben poche delle pendenze con dipendenti e collaboratori delle precedenti gestioni sono state saldate, mentre se ne sono create di nuove con onesti lavoratori e fornitori che per un anno hanno sofferto ritardi sui rimborsi pattuiti se non la totale mancata retribuzione degli stessi. Nel frattempo sono arrivati gli umilianti sequestri delle maglie di gara (ci torneremo dopo), degli incassi di svariati incontri casalinghi, degli attrezzi della palestra e la prima istanza di fallimento per pranzi e cene non pagati in un bar di via Udine.
Per quanto riguarda il nuovo organigramma societario e il valore della rosa sarà il tempo a deciderne la bontà, ma desideriamo ricordare che l'anno scorso il presidente aveva la convinzione di aver allestito una squadra in grado di ambire ai play-off (cit City Sport). Poi la conduzione sportiva del club, con un valzer che ha visto alternarsi tre allenatori in cinque diverse fasi di guida tecnica e l'incessante e sconclusionato arrivo di giocatori (in 37 vantano almeno una presenza nello scorso campionato) ha lasciato sgomenti per non dire increduli. La salvezza raggiunta sul campo nello spareggio a Dro è parsa come un miracolo calcistico dopo tanti risultati deludenti e una regular season condita da solo sei sorrisi (di cui tre ottenuti contro i retrocessi Mezzocorona e Mori S. Stefano e uno contro il già salvo Legnago), ma infarcita di continue minacce e punizioni disciplinari a giocatori (la più celebre a Piscopo, messo fuori rosa dopo il rigore fallito a Fontanafredda) e componenti dello staff tecnico (l'allontanamento del preparatore dei portieri Massimo Leo e del mister juniores Sergio Marassi), colpevoli il più delle volte di chiedere spiegazioni in merito ai ritardi sui rimborsi pattuiti. Ci viene spesso da pensare a quel pomeriggio in Trentino e ci chiediamo se l'Alabarda si sarebbe comunque salvata senza la presenza passionale dei circa 300 tifosi triestini che hanno incalzato e spronato la squadra fino e oltre il 120' e senza la professionalità dei ragazzi scesi in campo ad Oltra che un paio di giorni prima del play-out decisivo, avevano dovuto ritirare in banca gli assegni depositati perché scoperti.
Relativamente alla questione del pignoramento delle maglie di gara spiace constatare che un presidente di una società sportiva quasi centenaria non capisca l'immenso valore che i tifosi attribuiscano al simbolo e al colore della casacca. Il sequestro delle divise, mascherato goffamente dalla società come una semplice scelta cromatica, rappresenta un'onta per i supporters giuliani che hanno visto nel mese di marzo 2015 l'Alabarda giocare in nero in attesa del dissequestro delle mute rosse e bianche. Proprio per il valore intrinseco e inestimabile che rappresentano i simboli e le divise da gioco nel mondo del calcio doveva essere raggiunto un accordo finanziario con il creditore prima del fatidico pignoramento.
Settore giovanile: il 22 settembre 2014 il presidente, ospite della trasmissione "Il Caffé dello Sport", in onda su Tele4, illustrava come alla base del progetto sportivo ci fosse lo sviluppo del settore giovanile, vera e propria linfa per la Prima Squadra del futuro. I proclami di sviluppo pluriennali purtroppo sono naufragati rispetto alla nuda realtà: nel giro di 12 mesi, infatti, l'attività calcistica giovanile della società, che fino al termine della s.s. 2013/14 contava la "filiera" completa (piccoli amici, tre squadre pulcini, due esordienti, due giovanissimi, una allievi e juniores), è stata completamente cancellata. Allo stato attuale, oltre alla Prima Squadra, solo la formazione juniores prenderà parte al prossimo campionato. Cosa ne è stato degli "under più forti d'Italia" che il presidente garantiva di aver portato a Trieste (cit. City Sport) e soprattutto … chi erano?
Un capitolo a parte riguarda la visione dei bilanci garantita al CCTC contestualmente alla concessione in comodato d'uso del marchio. Va detto che questa soluzione è stata un ripiego, perché i rappresentanti dei tifosi avevano chiesto alla società di Pontrelli di partecipare con un esponente, senza diritto di voto, all'interno del consiglio di amministrazione della società. Pontrelli non ha accettato la richiesta e si è ripiegato quindi sulla scelta della visione trimestrale del bilancio. Perché comportarsi con questo ostracismo se non c'era nulla da nascondere? Quella che Pontrelli chiama "anomalia" è tuttavia una pratica che si sta diffondendo in Italia, anche in realtà storiche. Ricordiamo che una decina di giorni fa la proprietà dell'AC Pisa ha chiesto il consenso ai propri sostenitori per vendere la società di cui i tifosi detengono l'1% delle quote sociali. Questa è lungimiranza, questo significa agire in maniera trasparente!
Le ombre si allungano sul "problema" della situazione patrimoniale e finanziaria tanto cara a Pontrelli. Il presidente Sergio Marassi non ha visto solamente un bilancio d'esercizio, ma due, giusto per fare chiarezza: il primo a dicembre 2014 con rendiconto al 30.11.14 e il secondo a febbraio 2015 con rendiconto al 31.12.14. Nel primo caso, a una superficiale visione dei documenti contabili la gestione della società è sembrata complessivamente positiva, nel secondo invece sono sorte delle perplessità in base anche a notizie emerse su giocatori e dipendenti non retribuiti. Successivamente, a metà maggio, Marassi ha chiesto al commercialista dell'Unione Triestina 2012 di verificare i bilanci del terzo trimestre (come da accordi) e gli è stato fissato un appuntamento dopo circa una settimana. Alle ore 10 del giorno stabilito Marassi ha ricevuto una telefonata in cui il commercialista annunciava che l'incontro previsto per le ore 15 doveva essere rinviato perché il presidente non poteva essere presente. Il disappunto per il mancato rispetto degli accordi è stato amplificato nella sera stessa durante la riunione con la Curva Furlan. Proprio in quel contesto è stato deciso, all'unanimità e con grande senso di responsabilità, di togliere lo storico marchio all'attuale proprietà a partire dal giorno 25 maggio 2015. A quel punto non aveva più senso chiedere un ulteriore appuntamento poiché vi erano abbastanza elementi per non essere più rappresentati dall'Unione Triestina 2012 che, con le sue azioni, aveva screditato il nostro prezioso marchio.
In ordine sparso (perché risulta difficile una catalogazione di argomenti del genere), quando parliamo di credibilità venuta meno, vanno ricordarti lo sfratto dei calciatori residenti negli appartamenti di Via Udine per gli affitti non corrisposti già a dicembre 2014, le medicine e cure a carico dello staff sanitario e dei calciatori stessi, lo sciopero degli allenamenti dei giocatori della Prima Squadra il 17 e 18 marzo 2015 per la mancanza dei rimborsi, le trasferte fatte dalle formazioni giovanili con le vetture dei genitori, le offese in diretta ai tifosi alabardati, definiti dallo stesso Pontrelli "flange balorde" nel corso della puntata de "Il Caffé dello Sport" andata in onda il 16 marzo 2015.
Sperando di aver fatto chiarezza sulle motivazioni oggettive e non personali che hanno indotto a maturare la nostra dolorosa decisione, vorremmo chiudere con alcune riflessioni. Ci chiediamo quali interessi abbia il solo e unico proprietario dell'Unione Triestina 2012, Marco Pontrelli, per rimanere così avvinghiato alla sedia che occupa e per quale motivo Pangrazio Di Piero, vigile urbano, senza alcun incarico ufficiale in società, continui ad infondere liquidità sotto forma di prestiti che non fanno altro che appesantire il bilancio e quindi scoraggiare potenziali acquirenti che si troverebbero a dover restituire al gruppo romano tutto o quasi quanto hanno elargito finora. E poi: dov'è finito il facoltoso imprenditore triestino che doveva contribuire a finanziare la società? Dove sono i favolosi progetti che Pontrelli aveva promesso di svelare il giorno dopo la fine del campionato? Che fine ha fatto il grande sponsor da esibire sulle maglie? Cosa ha risposto la FIGC alla domanda di ripescaggio in Lega Pro e concretamente irrealizzabile? Perché Pontrelli non ha voluto nemmeno trattare la cessione di un club pesantemente indebitato con persone dalle ottime credenziali nel corso dell'estate? E infine un quesito: perché finora tutte le istituzioni hanno abbandonato noi tifosi in questa battaglia che doveva preservare un patrimonio sportivo e culturale della nostra terra? Tante sono le domande rimaste senza risposta, noi meritiamo di meglio della mediocrità assoluta. E' arrivato il momento di mettere un punto a questa agonia che strazia la nostra bandiera a costo di rinunciare a quanto ci è più caro: il sostegno ai nostri colori la domenica pomeriggio. Il modo di operare che abbiamo qui descritto non ci appartiene e non vogliamo più essere presi in giro da nessuno. Pertanto invitiamo tutti i veri tifosi della Triestina a disertare lo stadio Rocco finché siffatte persone siederanno dietro alla scrivania che fu di Amilcare Berti e a non foraggiare più questa sciagurata gestione che prolunga semplicemente un incubo che stiamo vivendo da troppo tempo. Tra autunni caldi, inverni del nostro scontento e primavere assolutamente maledette che qualcuno ci svegli, per favore. |